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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?

(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Chiesa del varò

Chiesa del varò




Al termine della scalinata posta a destra, appena oltrepassata la Porta-Torre dell'Orologio, sorge la Chiesa del Varò, termine spagnolo che tradotto significa Visitazione. La chiesa risalirebbe al XV secolo ad opera della famiglia Romano, ma probabilmente la sua origine è ancora più antica, infatti all'interno della Chiesa c'è una cripta tipica del tempo in cui i Cristiani erano costretti a nascondersi per poter professare la loro fede. La tomba-mausoleo di Giovanni Romano e Dente, morto nel 1699, e le statue di San Gaetano e di San Francesco di Paola che recano scolpito lo stemma della famiglia Romano, fanno pensare che l' iscrizione incisa sul pulpito che attribuisce, invece, l'edificazione sul finire del sec. XVIII,a spese del Cav. Blasio Corvaja e a suo fratello Sigismondo (che finì l'opera all'inizio del sec. XIX), possa farci considerare l'opera dei due fratelli sia consistita nel restauro e nell'ingrandimento della preesistente chiesa, probabilmente per motivi affettivi, essendoci una parentela fra le due nobili famiglie dei Romano e dei Corvaja.L'architettura della Chiesa del Varò è molto modesta e si presenta come una massiccia costruzione senza uno stile ben definito, cioè una costruzione comune e rustica. Nella facciata principale, che sorge in via Conte Ruggero, una breve scalinata che congiunge la piazzetta del Varò, con Via Tommaso Fazzello, si apre il portale, la cui soglia, stipiti ed architrave sono in pietra di Taormina; il portale, molto alto, è sovrastato da una finestra con davanzale e stipiti in pietra di Siracusa, e mancante dell'architrave a semiarco, che fu certo asportato per essere usato altrove, dato che è rimasto in loco l'incavo nella muratura in cui era alloggiato.Sopra la finestra c'è una finestrella chiusa a mattoni, e queste tre aperture costituiscono la decorazione della facciata principale.Nella facciata est, che continua la facciata principale a sud, si apre un altro portale, a cui si accede attraverso una breve scala a doppia rampa con ringhiera in ferro battuto; questo portale, che si affaccia nella piazzetta del Varò, che prende il nome dalla chiesa, ha stipiti ed architrave in marmo rosa di Taormina.In alto, a distanza simmetrica, si aprono in questa facciata tre finestre con stipiti ed architrave a semiarco in pietra di Siracusa, dello stesso stile della finestra della facciata principale.Nella parte posteriore della chiesa c'è il piccolo campanile incorporato nella fabbrica, di cui costituisce lo spigolo di nord-est; esso è sostenuto da due archi, di cui uno è nella facciata est e l'altro nella facciata nord, i quali sono sovrastati da due finti archetti in muratura. La minuscola torre campanaria ha un'apertura sulla facciata est, in cui sono alloggiate due campane, mentre sul lato nord ha due finestrelle ad arco, in una delle quali è alloggiata una terza campana.La quarta facciata ad ovest non è visibile all'esterno, dato che la chiesa è sotto il livello stradale (cioè sotto la via Fazzello), per tutta la lunghezza di questa facciata.Nel passato fu rinomata la Congregazione del Varò, di cui potevano far parte solo i nobili, ed essa ebbe tanta importanza.
All'interno della Chiesa (formata da una sola navata, secondo la tradizione delle chiese di quartiere e periferiche, che servivano ad un limitato numero di fedeli) si possono ammirare: una statua in cartapesta della Madonna Addolorata posta sull'altare maggiore e la tomba comune della Congregazione del Varò, sulla quale è riportata questa iscrizione:
A filo vita, a vita mors, a morte aeternitas Nemini parco. Mihi hodie, cras tib. Quid Superbis pulvis et cinis? Et dives, et fortis Veniunt ad funera mortis. An. Dom. 1776.
Fra la prima e la seconda parte di questo epitaffo c'è scolpito un teschio fra le tibie incrociate, e la traduzione è la seguente : " La vita pende da un filo, la morte dalla vita, l'eternità dalla morte. Non risparmio nessuno. Oggi a me, domani a te. Perché insuperbisci polvere e cenere? Il ricco, il forte, vengono ai funerali della morte". Anno del Signore 1776.
Sulla parete dietro l'altar maggiore c'è un affresco del pittore messinese Vincenzo Tuccari, che è datato 1699; l'affresco rappresenta il trionfo della Croce, in cui domina la figura di San Michele Arcangelo crocifero, che è attorniato da una miriade di angeli festosi.
Su un altare minore c'era un antico dittico (oggi si trova al Museo di Messina), cioè una pittura a tempera su tavola di legno divisa in due parti, rappresentante "la Visitazione di Maria Vergine"; è questo dipinto che dà il nome alla chiesa del Varò o della Visitazione, ed esso è opera del pittore del messinese Antonino Giuffrè, di cui resta il magnifico trittico che rappresenta pure la Visitazione e si trova nella Basilica Cattedrale. Basandoci sul dittico della Visitazione, eseguito dal Giuffrè nella seconda metà del 1400, si deduce che la chiesa del Varò risale almeno al sec. XV, ciò conferma l'idea che i fratelli Corvaja si limitarono a restaurare la chiesa fra la fine del 1700 e il principio del 1800.
Nella parte posteriore della chiesa del Varò e sotto il campanile, c'è una cripta antichissima che bisogna attraversare per arrivare al palco dove c'è l'organo della chiesa; in essa si adorava un grande crocifisso dipinto ad affresco, di cui restano tracce nel muro della cripta.
Probabilmente questa cripta risale ai primi secoli dell'era cristiana, al tempo delle persecuzioni, quando i cristiani erano costretti a rifugiarsi in luoghi nascosti; infatti cripta vuol dire luogo nascosto, dal greco criptos.
Se l'ipotesi della cripta è giusta, bisogna ritenere la chiesa del Varò, come la chiesa più antica di Taormina, dato che le cripte erano delle vere e proprie chiese al tempo delle persecuzioni contro i cristiani.
A destra dell'altare maggiore si trova la tomba del Conte Giovanni Romano e Dente con la statua dormiente del Conte, con la targa che porta il seguente testo:
D.O.M. D. Johannes Romano et Dente Tribuni militum Proprietate a Caroli Secondi Hispaniarum regis Cattolica maiestate decoratus, ac a seispo divinae Providentiae sibi Jesuxpi crucifixi, et deiparae Dolorosissimae gratia favente filius sempre reputatus, ne parca suos prius recideret grssus et annos aeternos persaepe cogitando viventem se reddens hoc ante sepulcrum mortuus inde auxilio consequende finalis gratiae perenniter viveret in coelo. Objit XI Agusti Ann. MDCXCIX Aetatis suae LVII.
Tradotto:
" A Dio ottimo massimo, don Giovanni Romano e Dente, decorato con il titolo di tribuno (Comandante) del Presidio militare di Sua Maestà cattolica Carlo II, re degli spagnoli, e da se stesso sempre reputatosi figlio della divina provvidenza e di Gesù Crocifisso ed implorante la grazia della dolorosissima Madre di Dio affinché la Parca non recidesse prima del tempo il suo cammino e pensando molto spesso di vivere anni eterni per effettuare tutto ciò che aveva in animo di fare prima di morire e di essere sepolto e poi, con il conseguito aiuto della grazia finale, di vivere eternamente in cielo.
Morì l'undici Agosto dell'anno 1699 a 57 anni della sua età".
Ogni anno parte da questa Chiesa una delle processioni più sentite e caratteristiche, quella del Venerdì Santo. In una atmosfera quasi medievale, tutte vestite di nero le sorelle della congregazione della Madonna Addolorata, a turno portano in spalla la vara della Madonna e tutte le altre con le candele accompagnano la Madonna e le varette che rappresentano la morte di Gesù lungo il centro storico, illuminato da torce appese ai muri.

STORIA DELLA CONGREGAZIONE DEL VARO'
La Congregazione del Varò, nel lontano passato, fu molto rinomata e potevano far parte soltanto i nobili, ed essa ebbe tanta importanza quanto quella della Congregazione dei Bianchi a Messina.Verso la fine del sec. XIX la Congregazione non diede più segni di vita e la chiesa fu lasciata nell'abbandono, tanto che rimase chiusa al culto.Alla fine del 1900, la Signora Lombardo Paolina in Famà e la Signora Gullotta Giuseppina in Cacciola (rispettivamente Zia e nipote) chiesero ed ottennero dall'allora Arcivescovo di Messina, S.E.Rev.ma Mons. D'Arrigo, il permesso di restaurare la Chiesa e ridare vita alla Congregazione che chiamarono del "Varò" o dell'Addolorata, in onore della statua che qui trovarono e che si premurarono di far restaurare e posero sopra l'altare maggiore.Durante il primo periodo della presidenza della Sig. Cacciola, la Vara dell'Addolorata, che esce in processione il Venerdì Santo, veniva portata a spalla dagli uomini.Ma dopo, le socie della nuova Congregazione, vincendo non poche difficoltà, ottennero di portare loro in processione la Madonna.Oggi la Congregazione è molto attiva e conta più di 800 consorelle non contando le bambine.




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